Note di regia

L’idea del film nasce da due esigenze: da una parte la necessità di trovare in una storia, allo stesso tempo realistica e metaforica, il modo per parlare del rapporto tra individuo e identità culturale, in un mondo che sempre più tende a creare occasioni di contaminazione e di crisi identitaria; dall’altra la voglia di raccontare due luoghi importanti per la mia vita e molto emblematici nell’Italia di oggi: le periferie multietniche di Roma e il Veneto, una regione che ha avuto una crescita economica rapidissima, passando in pochissimo tempo da terra di emigrazione a terra di immigrazione.

In particolare, Chioggia, piccola città di laguna con una grande identità sociale e territoriale, è lo spazio perfetto per raccontare con ancora più evidenza questo processo.

Ricordo ancora il mio incontro con una donna che potrebbe essere Shun Li. Era in una tipica osteria veneta, frequentata dai pescatori del luogo da generazioni. Il ricordo di questo volto di donna così estraneo e straniero a questi luoghi ricoperti dalla patina del tempo e dell’abitudine, non mi ha più lasciato. C’era qualcosa di onirico nella sua presenza. Il suo passato, la sua storia, gli spunti per il racconto nascevano guardandola. Quale genere di rapporti avrebbe potuto instaurare in una regione come la mia, così poco abituata ai cambiamenti? Sono partito da questa domanda per cercare di immaginare la sua vita.

Io sono Li è anche un punto di sintesi del mio percorso registico nell’ambito del cinema-documentario, attraverso cui mi sono occupato negli ultimi dieci anni principalmente di due temi: le migrazioni verso l’Europa (A metà, A sud di Lampedusa, Come un uomo sulla terra, Il sangue verde) e il territorio sociale e geografico del Veneto (Marghera Canale Nord, Pescatori a Chioggia e La mal’ombra).

Le varie esperienze di regia con il cinema documentario mi hanno permesso di apprezzare il racconto non solo del reale, ma anche nel reale, aiutandomi a capire come con esso sia possibile scoprire la dimensione intima e profondamente umana della realtà, anche di tematiche urgenti ed attuali della società odierna.
In Io sono Li ho voluto rispettare modi e stili conosciuti nel cinema-documentario, lavorando anche con attori non professionisti e scegliendo sempre location del mondo reale.

Al tempo stesso la precisione e la sottigliezza del linguaggio cinematografico orientale e di alcuni importanti esempi del cinema indipendente internazionale sono state tracce importanti per riuscire a raccontare le atmosfere e i luoghi che ho scelto per questo film.


Sei ore cala e sei ore cresce.
La laguna cambia spesso faccia e colore.
Perché l’acqua entra e esce, la marea cala e cresce. Ogni sei ore.
E quando cambia l’acqua in laguna cambia tutto.
Tranne il silenzio. Il silenzio c’è sempre.
Sta lì.
Dolce, infinito e debole.
Ferma il tempo.
Regala alla mente lo spazio del pensiero.
Ospita storie e memorie che non sapevi di conoscere.
E non ti lascia mai solo.
Come una madre.
Come il sorriso e il pianto di una madre.
È questo Shun Li, il dolce dolore di una madre nel silenzio profondo della laguna.
Ed è per questo che Shun Li ha la forza di far tremare il vecchio mondo di un’osteria di pescatori. Farlo innamorare. Fargli paura. Farlo cambiare.
È impossibile non ascoltare il vento di Shun Li ed è triste decidere di attaccarlo o isolarlo.
Purtroppo è ciò che il nostro mondo ha deciso di fare.
Ma è anche ciò che il cinema può raccontare.

Andrea Segre

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